I fondamenti di DIMAT
L’approccio parte dalla tesi di Bourdieu (1966) secondo cui la causa principale della disuguaglianza è da individuare nell’uguaglianza di fronte alla scuola: “Trattando tutti gli allievi, per disuguali che siano, come uguali in diritti e doveri, il sistema scolastico tende a ratificare le disuguaglianze iniziali di fronte alla cultura”.
Differenziare significa “permettere ad ognuno di costruire le proprie conoscenze, il proprio sapere, saper fare e saper essere, nel rispetto delle differenze (tutti gli allievi sono diversi, la classe omogenea non esiste) all’interno di un progetto comune e condiviso”
Ciò che distingue l’insegnamento differenziato dall’insegnamento individualizzato è proprio la presenza di un progetto comune: lo scopo è che tutti gli allievi giungano all’apprendimento degli stessi contenuti, ma ciò avviene con modalità, percorsi, tempi e ritmi differenti secondo le diversità individuali, culturali e sociali.
Questi percorsi non sono stabiliti a priori dall’insegnante, ma vengono costruiti a partire dal lavoro dell’allievo.
Lo spazio e il tempo in cui principalmente si concretizza l’insegnamento differenziato sono le ore di “laboratorio”, durante le quali gli allievi sono liberi di scegliere le attività che sentono maggiormente necessarie per il proprio apprendimento, con l’aiuto dell’insegnante che a poco a poco fornirà loro gli strumenti per prendere autonomamente delle decisioni.
È qui di fondamentale importanza l’intervento regolatore del docente, che deve osservare e fare in modo che ci sia equilibrio tra le attività di valutazione, di ripresa, di preparazione e di scoperta, in modo che le condizioni di apprendimento degli allievi siano le migliori possibili.
L’alto grado di libertà di scelta delle attività e di autonomia dell’allievo, durante queste ore, è ciò che le caratterizza maggiormente.
In questo contesto assume grande importanza l’utilizzo di “materiali concreti”, strumenti di misura, e giochi matematici.
Tutto ciò, oltre a stimolare l’acquisizione e la costruzione di nuove conoscenze, incuriosisce e stimola la creatività dei bambini, contribuendo anche a rendere più piacevoli le ore di matematica.
Il perno attorno a cui ruotano tutte le attività di DIMAT è l’idea che vi sia un “rapporto dinamico tra la capacità di risolvere situazioni (problemi) e la costruzione, da parte dell’allievo, delle conoscenze specifiche (di contenuto matematico), raccolte nel classificatore con i fogli di valutazione” .
DIMAT propone, pertanto, uno spostamento, dal docente all’allievo, delle responsabilità legate ai momenti di valutazione, in momenti specifici e tramite strumenti particolari: i fogli di valutazione.
È importante sottolineare il ruolo che in questo contesto assume l’errore. In DIMAT l’errore assume uno “statuto positivo”.
Tenendo presente che la costruzione del sapere dell’uomo in tutti i campi è stata possibile soltanto dopo aver commesso una serie di errori, si ritiene che l’errore, oltre ad essere utile, per costruire l’apprendimento, talvolta si rivela necessario.
Da questo punto di vista, “l’errore ci parla, ci informa, ci invita ad indagare, a formulare altre ipotesi, a tentare altre strade. È una sfida da accettare; non deve inibire, frustrare, colpevolizzare. Va visto come momento, fase necessaria del processo di apprendimento, della riuscita, del successo”.
I materiali di DIMAT possono essere autocorrettivi, cioè possono essere corretti dagli stessi allievi. È importante che l’insegnante affidi agli allievi una maggiore responsabilità nella correzione.
In primo luogo è, infatti, importante che l’insegnante non si occupi dei risultati, ma piuttosto delle strategie e delle procedure, che non possono essere ricostruite in sede di correzione.
Nell’interazione con l’allievo, piuttosto che tramite la correzione, emergono le cause dell’errore. Verificare se il risultato è giusto o sbagliato è il compito dell’allievo. L’autocorrezione deve far parte del processo di apprendimento ed essere un mezzo per imparare ad imparare.
Naturalmente, specialmente per i bambini di terza elementare, la capacità di autocorreggersi presuppone competenze metacognitive che sono ancora in fase di sviluppo, gli interventi dell’insegnante devono mirare allo sviluppo di tale capacità.
L’attività di laboratorio da questo punto di vista altro non è che un lavoro sugli errori, e l’autocorrezione è la base da cui partire per regolare le attività.
Un’alternativa all’autocorrezione può essere la correzione reciproca tra i compagni, che valorizza i momenti di interazione.
Partendo dall’assunto che l’acquisizione della conoscenza è anche un fenomeno di ordine sociale, in questo contesto assumono grande importanza le interazioni, che vengono stimolate non solo in relazione alla socializzazione, ma anche in quanto aspetti determinanti nel processo stesso di apprendimento.
Per questo motivo, in determinati momenti, si spingono gli allievi a lavorare a coppie o a gruppi. L’interazione socio-cognitiva viene massa in atto quotidianamente durante le ore di laboratorio, nei momenti di scoperta e di risoluzione di problemi in comune.
Il fatto di insistere sull’interazione e sulla collaborazione, non esclude momenti di lavoro individuale; quando l’allievo affronta i fogli di valutazione, deve lavorare da solo, senza l’aiuto del docente, dei compagni, dei genitori. In questo momento è solo, al confronto con le proprie capacità e i propri limiti.
Gli interventi del docente hanno lo scopo di garantire l’equilibrio tra la soggettività e la comunità, organizzando le condizioni dell’apprendimento, tenendo conto tanto del lavoro individuale che di quello di gruppo, e sottolineando l’importanza della collaborazione.